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Il Centro di informazione sul patrimonio industriale giapponese, che è stato aperto al pubblico il 15 giugno, tra tutte le informazioni che hanno mostrato sul successo storico del Giappone, le parti sull’abuso di coreani, cinesi e taiwanesi sono state modificate.

Questa sezione è stata creata con l’aiuto di testimonianze dei residenti dell’isola che affermavano che “nessun abuso è stato fatto ai lavoratori stranieri ma, se possedevano un registro familiare non giapponese, venivano trattati come stranieri e non giapponesi, quindi non avevano gli stessi diritti dei lavoratori giapponesi”.

Il centro doveva essere costruito a Nagasaki ma, quasi cinque anni dopo aver firmato un accordo tra la Corea del Sud e il Giappone, quest’ultimo ha rotto la sua promessa e lo ha costruito nel Distretto di Shinjuku a Tokyo.
“Per quanto ne so, tuttavia, il centro è in mezzo a molte questioni, tra cui la distorsione della storia”. ha dichiarato Tomohiro Shinkai, direttore esecutivo, per sostenere la prova per i lavoratori forzati cinesi a Nagasaki.

Kuni Sato, ambasciatrice giapponese all’UNESCO durante l’incontro ufficiale dell’UNESCO del 2015, riconosce che ci furono lavori forzati dicendo “C’erano un gran numero di coreani e altri che furono trascinati contro la loro volontà sull’isola di Hashima e costretti a lavorare in condizioni difficili negli anni ’40 in alcuni siti”.

L’isola di Hashima è stata ribattezzata “l’isola dell’inferno” perché circa 120 lavoratori forzati sono stati uccisi volontariamente e molti altri sono morti mentre cercavano di scappare.

Durante il 1940 e il 1945, dalle cinquecento alle ottocento coreane furono costrette ad andare sull’isola di Hashima.

Donne di comforto

Gli abusi non furono fatti solo ai lavoratori ma anche alle donne, ragazze e bambine che durante la colonizzazione giapponese furono tolte alle famiglie e vendute come schiave del sesso, note anche come donne di conforto, agli alti ufficiali. La Corea da anni si sta battendo per ricevere le scuse ufficiali dal Governo giapponese ma quest’ultimo ha negato ogni accusa da parte della Corea.

Una di loro è Gil Won-Ok una ragazzina, all’epoca, di tredici anni, a cui fu promesso lavoro in Giappone, come ormai avrete intuito le cose non andarono così. Fu mandata in Manciuria e assalita sessualmente fino all’età di diciotto anni.
Dal 1998 seguendo le orme di altre donne di conforto ha pubblicamente accusato il Giappone per i suoi crimini e chiedendo le scuse di questo medesimo per i reati commessi durante la Seconda guerra Mondiale. Ogni Mercoledì Gil Won-Ok partecipa ad una protesta, che va avanti dal 1992, difronte all’Ambasciata Giapponese in Corea.

Oltre alla protesta viaggia anche portando con se la sua storia e di come il Giappone non abbia ancora rilasciato scuse ufficiali, nel 2014 Gil Won-Ok è arrivata a Ginevra, Svizzera dove ha portato la raccolta ci circa 1.5 milioni di firme alla commissione dei diritti umani delle Nazioni Unite.

La sua storia viene raccontata anche attraverso due film: il primo è “La scusa” un film che segue tre donne di conforto portando luce su questo aspetto della storia di cui non molti ne sono a conoscenza e di come esse chiedono una scusa ufficiale dal Giappone.

Il secondo invece è “Io posso parlare” che si focalizza su come Gil Won-Ok nonostante la barriera linguistica riesca a portare il caso al Congresso degli Stati Uniti accusando il Giappone e le atrocità che ha commesso.

Scopri di più sulla storia della del ‘900 della corea con La disputa di Dokdo

Leggi anche l’articolo in inglese su [Keep the promise] What isn’t taught in school

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safae.lagdani@gmail.com

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