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Folklore e Mitologia Coreana: Viaggio nei Racconti del Passato

In questo articolo ci addentreremo nel magico mondo del folklore e della mitologia coreana. Una mitologia ricca di storie, popolata da divinità ed entità tanto fantastiche quanto a volte spaventose. All’interno della storia di questo paese hanno svolto un ruolo fondamentale.

Da sempre infatti miti e leggende hanno accompagnato popoli e dinastie, guidandoli. Che fossero tramandati oralmente o in forma scritta, per migliaia di anni sono stati la spiegazione che molti si sono dati della creazione del mondo, dell’origine della natura o del mondo sociale.

In particolare nel mondo coreano sono spesso localizzati e interessano villaggi o clan specifici. I primissimi sono legati al confucianesimo, al buddismo e al taoismo. Altri invece alla religione popolare e allo sciamanesimo.

Un particolarità di quest’ultimi è che diversi non sono sopravvissuti all’ascesa del confucianesimo. Dottrina più pragmatica e razionale, spesso li sottopone ad un processo di adattamento alle proprie credenze.

Fondamenti del Folklore Coreano

Uno degli aspetti più tradizionali, specifici del folklore coreano è il legame presente tra esso e lo sciamanesimo.

lo sciamanesimo coreano ha fin dalle sue origini ha giocato un ruolo fondamentale, sopratutto per quanto riguarda la creazioni dei miti coreani.

Quest’ultimi vengono tramandati con il nome di 무속 신화 (musok sinhwa). Questi miti venivano spesso recitati durante rituali svolti a protezione dell’essere umano e della natura. Per esempio nel cosiddetto 큰굿 (keungut) ovvero grande rituale, ognuna delle 12 parte da cui è composto include un 본풀이 (bonpuri) ovvero un mito riguardante una divinità.

Si credeva che ogni cosa fosse dotata di un’anima (animismo). Per questo capitava che i rituali fossero rivolti a spiriti e demoni di elementi naturali come montagne e fiumi. Era una consuetudine venerare e sviluppare un culto attorno a queste figure.

Dongmyo Shrine

Il folklore coreano si sviluppa invece attorno nelle zone rurali e nei villaggi. Rafforzando per altro quel senso di comunità e i legami famigliari tipici di quelle realtà. Le storie che venivano raccontate e spesso recitate, diventano parte della tradizione di ciascuna generazione. Si tramandano per lo più oralmente e solo a partire dal V secolo per iscritto.

Al giorno d’oggi queste pratiche continuano ad esercitare la loro influenza su diversi aspetti della società coreana come religione, storia, arte e tradizioni. La loro importanza e il loro peso non si sono affievoliti con il passare del tempo. Semplicemente sono stati protagonisti di un processo di modernizzazione e adattamento.

Quello che veramente si riesce ad apprezzare del folklore di questo paese è la grande varietà di espressioni artistiche, musicali, letterali, danzanti che lo compongono. Dai riti di passaggio al pansori agli oggetti rituali al minhwa (pitture popolari).

Esempio di Minhwa

Mitologia Coreana: Dei, Creature e Eroi

Le prime entità che vi presenteremo sono le divinità principali che da sempre popolano le storie e la mitologia coreana. Ho deciso in particolare di concentrarmi sulle quattro divinità guardiane: il Dragone Blu, la Tigre Bianca, la Fenice Rossa e la Tartaruga Nera, anche conosciuta come il Guerriero nero. Come già avevano accennato precedentemente spesso avevano sembianze animali, come in questo caso, o legate ad elementi naturali come la pioggia.

Sono divinità introdotte nella penisola durante il periodo dei Tre Regni. Nello specifico durante regno Goguryeo. Ne sono state trovate infatti testimonianze sulle pareti delle tombe di questa dinastia. Figure mitologiche accompagnate da simboli come il sole, la luna e i fiori di loto. Secondo le leggende il loro ruolo era di protezione, delle anime dei defunti per esempio. Allontanavano di fatto qualsiasi presenza maligna.

Ciascuno di essi non solo era legato ad uno dei quattro punti cardinali, ma anche ad una delle stagioni. Il Dragone Blu per esempio simboleggiava l’est, gli alberi e la primavera, mentre la Tigre Bianca (백호) il ferro, l’autunno e la forza. La Tartaruga Nera invece veniva incisa sugli scudi dei guerrieri, indomiti e severi come il più gelido degli inverni. Infine la Fenice Rossa (주작) era riflesso dell’estate, del fuoco e accompagnava le anime dei defunti nell’aldilà.

Altre creature mitologiche che popolano in egual misura la mitologia coreana non possiamo non citare gli imugi o draghi minori, i dokkaebi o goblin coreani, il samjoko o corvo a tre zampe, il kumiho o volpe a nove code e il haetae.

Tra di loro due tra i più conosciuti credo siano il leone con le corna (haetae) e il kumiho. Il primo vi sarà sicuramente famigliare dato che figura in tantissime statue presenti nei cortili di palazzi o alle porte dei villaggi. Da sempre associato ad ideali come la giustizia, sarebbe infatti in grado di capire chi dice il vero e chi invece mente.

Il secondo invece deve parte della sua attuale popolarità alla recente incorporazione nel cast di k-drama come ‘My Roommate is a Gumiho‘ (2021) e ‘Tale of Gumiho‘ (2020). Questa volpe, astuta e scaltra, a differenza del resto delle creature precedentemente citate è malvagia. All’occorrenza assume sembianze antropomorfe e seduce giovani vittime per poi consumare il loro fegato o cuore.

Haetae

Le Leggende del Passato

Per quanto riguarda invece miti e leggende abbiamo deciso di optare per tre delle categorie principali in cui si dividono: sulla creazione, sulla fondazione e sull’amore tragico.

I miti della creazione forniscono una spiegazione sull’origine del mondo e delle persone. Nel mito sciamanico della creazione dell’isola di Jeju per esempio il re celeste Cheonjiwang, durante la sua permanenza sulla Terra, sposa una giovane donna, mettendo al mondo due figli. A seguito di una competizione tra i due, il minore esce vittorioso, diventando così sovrano del mondo umano.

Quelli invece sulla fondazione forniscono, come dice il nome stesso, una spiegazione circa la fondazione di una nazione. Nel caso della Corea per esempio in molti di essi si parla di un’unione leggendaria tra un padre del cielo e una madre della terra. Altri invece risalenti al periodo medievale invece non descrivono i sovrani come divinità, ma semplicemente come loro discendenti. Uno dei dei più conosciuti, quello di Dangun, risale al XIII secolo e narra di 단군왕검, fondatore di Gojoseon, primo regno di Corea. In quello di Namu Doryeong il protagonista prende perfino sembianze non convenzionali. Come suggerisce il titolo si tratta del figlio di uno spirito albero custode.

Jeseok, Divinità Coreana della Fertilità

Se invece volessimo indirizzarci verso qualcosa di più principesco allora il canto della Principessa Bari farà sicuramente al caso vostro. Abbandonata dai suoi genitori in quanto settima figlia di un re senza eredi maschi, anni dopo si trova comunque a salvare loro la vita. A seguito di questo episodio e di un viaggio nell’aldilà, si sposa con la divinità guardiana dello stesso luogo i cui fiori le hanno permesso di resuscitare i suoi cari. La leggenda vuole che Bari divenga perciò una divinità in grado di mettere in comunicazione i vivi con i morti.

Infine per le anime più romantiche possiamo assicurarvi che la letteratura e la narrazione intorno a questo tema è estesa. Combina diversi aspetti ed è strettamente legata alle tradizioni, cultura e modo di pensare del paese. La natura e i suoi elementi svolgono un ruolo fondamentale nella mitologia dell’amore. Così come alcune delle creature precedentemente citate come il Kumiho o i draghi. Quest’ultimi per esempio sono simbolo di potere, saggezza, ma anche di fertilità. Vengono associati alla pioggia, all’acqua. Qualcosa di essenziale alla vita. In grado di rivitalizzare anche le relazioni più ‘aride’.

Ricordare o Dimenticare ?

In questi anni sono state diverse le iniziative e le organizzazioni che hanno deciso di farsi carico di una missione fondamentale. Preservare, ricordare e tramandare miti e leggende che in qualche modo hanno influenzato la storia della Corea.

Ne hanno modellato la base. Le fondamenta. Il pensiero. Hanno forgiato lo spirito di questo paese e del suo popolo.

“I tend to think we are what we remember, what we know. The less we remember, the less we know about ourselves, the less we are.” – Carlos R. Zafón

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